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Strage di Casteldaccia, il figlio dell’operaio morto: “Lavorare un diritto, ma tornare a casa è un obbligo”

(Adnkronos) – "Dopo un anno non è cambiato nulla. E' tutto come prima. Ogni giorno continuiamo a sentire di morti sul lavoro. Per noi è un dolore che non passa mai… Lo sa come ha saputo mia mamma che mio padre era morto in quella dannata fogna? Era andata in azienda per avere informazioni sull'incidente e la segretaria le disse: 'Suo marito non c'è più'. Così, di botto, senza un minimo di tatto. Come se stesse parlando di un cane. Io, invece, tornai da Siracusa, dopo che mi avevano chiamato per dirmi che c'era stato un incidente sul lavoro. Quando arrivammo a Casteldaccia, abbiamo avuto solo il tempo di rivedere nostro padre in ambulanza, mentre lo portavano via. Quella è stata l'ultima volta…". Gaspare Giordano, 32 anni, è il figlio di Ignazio Giordano, l'operaio di 59 anni, morto il 6 maggio di un anno fa a Casteldaccia (Palermo), insieme con quattro colleghi.  "Sì, è trascorso esattamente un anno. E non è cambiato nulla – dice Gaspare Giordano all'Adnkronos -. All'inizio c'era stato un gran polverone. Tutti che si facevano sentire, molti politici hanno espresso il loro cordoglio. Poi, dopo un mese si sono dimenticati tutti di noi…". "Sono state fatte tante promesse – continua – per un ddl che non è mai stato approvato. Capisco tutti gli impegni politici per il Ponte di Messina ma forse ci sono cose più urgenti…".  Quel giorno tre operai si erano calati all'interno del locale della fogna, profondo circa 5 metri, per effettuare lavori di manutenzione per conto della ditta Quadrifoglio Srl, che aveva vinto l'appalto dell'Amap, l'azienda municipalizzata di Palermo. Ma subito dopo avere fatto i primi scalini, con la pompa ancora in mano, i tre si erano sentiti male perdendo i sensi. Non sentendoli, altri due colleghi, sempre scendendo dal tombino, avevano raggiunto il solaio in cemento per capire cosa stesse succedendo, ma anche loro sono rimasti intrappolati: l'idrogeno solforato, dieci volte sopra il limite consentito, li aveva storditi subito. Un sesto operaio che si trovava all'esterno s'era precipitato per soccorrerli ma subito dopo avere inalato il gas killer era riuscito a risalire in superficie, salvandosi. "Non è cambiato niente dallo scorso anno- dice ancora Gaspare Giordano, visibilmente commosso – Oggi, ad esempio, ho visto un trasloco di mobili da un piano alto, le persone sotto erano tranquille. Ci dovrebbe essere più vigilanza. Non si lavora così". Ignazio Giordano è morto dopo avere tentato di salvare i suoi colleghi. "Sì, ha dato la sua vita per provare a salvare i colleghi in difficoltà. Ma, intanto, noi siamo senza un padre. E non abbiamo avuto l'opportunità di renderlo nonno…".  La Procura di Termini Imerese (Palermo) ha aperto una inchiesta con l'ipotesi di omicidio colposo plurimo. Tra gli indagati, l'amministratore unico di Tek e il direttore dei lavori e responsabile della sicurezza di Amap, oltre al titolare della ditta Quadrifoglio. Al centro dell'indagine, oltre alla catena degli appalti, il rispetto delle misure di sicurezza. "Sul versante dell'inchiesta tutto tace- dice- a quanto pare non sono state chiuse le indagini, né è stato detto qualcosa…".  
A uccidere i 5 operai era stato il gas sprigionato dai liquami. "Nessun dipendente di Amap Spa e di Quadrifoglio Group presente presso l'impianto di sollevamento fognario – avevano scritto i consulenti tecnici – aveva in dotazione i dispositivi di sicurezza per le vie respiratorie. E nessuno degli operatori di Amap e Quadrifoglio, tranne forse uno, aveva avuto una specifica formazione e addestramento all'uso delle misure di sicurezza". Sempre secondo gli esperti, "i liquami fognari presenti nella vasca dell'impianto e nell'intero condotto fognario presentavano valori di solfiti e solfuri decisamente superiori ai limiti previsti per scarichi in rete fognaria". E' passato un anno da quella tragedia e il dolore di Gaspare Giordano, di sua madre e dei suoi due fratelli, è ancora molto forte. "Ci manca il pezzo forte. Nostro padre era un punto di riferimento per tutti noi". Ma chi era Ignazio Giordano? La voce di Gaspare si incrina. "Qualsiasi cosa succedeva, lui ti dava sempre coraggio. Ci diceva: 'Se te la senti prova'. Con lui le giornate passavano diversamente". E racconta un aneddoto: "Io facevo il turno di notte in distilleria e quando tornavo a casa e lui stava per uscire per il suo turno al lavoro, rideva e mi diceva: 'Che dormita che mi sono fatto!'. Ci prendevamo in giro così. Tutti lo ricordano come una persona vivace".  Oggi è trascorso un anno da quella tragedia. "No, il dolore non passa. La nostra vita è stata stravolta. Nulla sarà più come prima". Poi, prima di salutare, si volta e dice: "Posso aggiungere una cosa? Lavorare è un diritto, tornare a casa è un obbligo…". (di Elvira Terranova) —cronacawebinfo@adnkronos.com (Web Info)

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