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Salis, prima vittoria sull’immunità. Ora ultima parola alla plenaria

(Adnkronos) –
Ora che la commissione Giuridica del Parlamento Europeo (Juri in gergo) ha votato di stretta misura, a Bruxelles, contro la revoca dell'immunità per Ilaria Salis, eurodeputata di Avs, la parola finale spetta alla plenaria, che si esprimerà nella seconda settimana di ottobre (forse martedì 7), nella prima delle due sessioni in agenda a Strasburgo il mese prossimo. Di norma in questi casi si vota per alzata di mano, ma gli eurodeputati possono richiedere il voto segreto, se sono favorevoli almeno un gruppo politico e almeno un quinto dei membri, soglie che, numeri alla mano, possono essere facilmente raggiunte.  
Se così sarà, gli eurodeputati potranno votare secondo coscienza, nel segreto dell'urna. Il parere della commissione Juri ha un certo peso, ma non è vincolante per l'Aula, che è sovrana. Rappresenta comunque un buon viatico, specialmente perché oggi il Ppe si è diviso: alcuni membri hanno votato per conservare l'immunità parlamentare di Salis, considerando anche i seri dubbi che l'Ue nutre sul rispetto dello Stato di diritto in Ungheria. Inoltre, è vero che è già successo in passato che l'Aula si sia espressa in materia di immunità in senso contrario alle indicazioni della Juri: è successo cinque volte, ma tutte concentrate tra il 1986 e il 1991, a quanto si apprende da fonti parlamentari.  
E' dal 1991, quindi da ben 34 anni, che la plenaria in materia di immunità vota allineandosi alle indicazioni della Juri. Non si tratta certo di una garanzia, ma il Parlamento, per revocare l'immunità a Salis, dovrebbe invertire un trend che dura da più di un trentennio. Salis, di origine monzese, nel febbraio 2023, quando era un'insegnante e militava nella sinistra extraparlamentare, venne arrestata in Ungheria con l'accusa di avere aggredito dei neonazisti, uomini, in occasione della cosiddetta giornata dell'onore. Si tratta della commemorazione del tentativo, fallito, delle armate del Terzo Reich e dei loro alleati ungheresi di spezzare l'assedio dell'Armata Rossa a Budapest, nel febbraio 1945.  Sotto il governo di Viktor Orban la giornata dell'onore, che cade l'11 febbraio, si è trasformata in un evento che attrae ogni anno neonazisti ed estremisti di destra da tutta Europa, unitamente a militanti dell'estrema sinistra. Le strade di Budapest diventano così teatro di agguati reciproci, aggressioni e pestaggi, poco graditi dalle autorità ungheresi. Salis, accusata di aver aggredito e malmenato dei neonazisti (uomini), ha passato oltre un anno in carcere preventivo, dove era detenuta in condizioni degradanti, migliorate solo quando il suo caso finì sui media italiani.  Salis venne poi condotta in Tribunale con le catene alle caviglie e un guinzaglio al collo, a favore di telecamera: le immagini, tramesse dalla Rai, sollevarono un'ondata di indignazione, in Italia e non solo. Salis è stata poi liberata dall'Ungheria, una volta eletta eurodeputata nelle fila di Avs, nel 2024. Budapest ha chiesto di revocarle l'immunità solo dopo che lei era intervenuta in Aula per criticare il governo ungherese, ha fatto notare la Left, il gruppo cui Salis appartiene.  Un fatto, quest'ultimo, che deponeva a favore dell'esistenza di un 'fumus persecutionis'. L'orientamento espresso dalla Juri oggi, se confermato dalla plenaria il mese prossimo, consentirà al Parlamento Europeo di evitare di riconsegnare all'Ungheria una donna condotta in Tribunale in catene ed esibita in quelle condizioni davanti alle telecamere.  
Scene che, se Salis venisse riconsegnata a Budapest, si potrebbero ripetere, con tutte le conseguenze politiche del caso. Lunedì manifestanti pro Pal, un'area politica affine alle vedute di Salis, hanno dato vita a scontri con le forze dell'ordine a Milano, paralizzando mezza città. Senza contare il fatto che l'eurodeputata dovrebbe essere arrestata e poi estradata in Ungheria, perché la Polizia ungherese non ha giurisdizione al di fuori dei confini nazionali e lei non ha più rimesso piede nel Paese danubiano, da quando è stata scarcerata dopo essere stata eletta.  La conservazione dell'immunità per l'europarlamentare della Sinistra toglierebbe quindi dall'imbarazzo, e dalle relative ripercussioni politiche, gli Stati nazionali in cui Salis oggi vive e lavora, vale a dire Belgio, Francia e Italia. L'eurodeputata oggi ha ringraziato i colleghi eurodeputati e ha chiesto di essere processata in Italia, dove lo Stato di diritto viene rispettato. Il portavoce del governo ungherese Zoltan Kovacs aveva postato, con riferimento a Salis, le coordinate di un carcere in Ungheria, cosa che ha rafforzato la posizione di chi sosteneva l'esistenza un 'fumus persecutionis' nei confronti dell'eurodeputata di Avs. Ieri lo stesso Kovacs ha definito la donna una "criminale pericolosa", che merita di "stare in carcere". E' presto per avere certezze, perché l'ultima parola spetta ai deputati, ma allo stato appare improbabile che l'Aula voti contro il parere della Juri, invertendo un trend ultratrentennale, per riconsegnare un'eurodeputata al governo di Viktor Orban. Tanto più che il Parlamento Europeo è l'istituzione Ue che si è maggiormente distinta, nel corso degli anni, per le sue critiche nei confronti di Budapest.   Salis vorrebbe che il processo venisse spostato in Italia. E' possibile? "L'immunità per i parlamentari europei è regolata dal protocollo 7 del trattato sull’Unione europea (privilegi e immunità). All’art. 9 sono regolate le garanzie di cui godono i parlamentari: sul territorio nazionale, delle immunità riconosciute ai membri del Parlamento del loro Paese; sul territorio di ogni altro Stato membro, dell’esenzione da ogni provvedimento di detenzione e da ogni procedimento giudiziario", precisano in una nota gli avvocati dell'europarlamentare, Eugenio Losco e Mauro Straini. Per i due avvocati, "l’immunità di cui gode la signora Salis al momento non consente dunque a uno Stato della Comunità europea né di emettere provvedimenti restrittivi della libertà personale né di celebrare dei procedimenti nei suoi confronti fino alla durata dell’incarico parlamentare. Non vieta al contrario di celebrare un procedimento penale sul territorio italiano. In Italia infatti la signora Salis gode delle stesse garanzie previste per i parlamentari delle nostre Camere, garanzie relative alla tutela della libertà personale e del diritto alla privacy che determinano la necessità di autorizzazione a procedere delle rispettive assemblee solo in caso di richiesta giudiziaria di applicazione di misure restrittive della libertà personale o di intercettazioni telefoniche o sequestro della corrispondenza. Al contrario tale autorizzazione non è richiesta per l’esercizio della azione penale e per lo svolgimento di un processo a carico di un parlamentare". "La signora Salis – aggiungono – ha sempre dichiarato che non intendeva sottrarsi al processo per i fatti accaduti a Budapest. Quello che chiede è semplicemente di essere sottoposta a un processo rispettoso di ai principi basilari del fair trial. E questo può avvenire in Italia. Il nostro codice penale, all’art. 9, prevede infatti la giurisdizione italiana anche nel caso di fatti di reato avvenuti all’estero a determinate condizioni che sono sussistenti nel caso della signora Salis. Lo si faccia. È solo necessario un passo da parte della politica, la richiesta di procedere del ministro della Giustizia".  —internazionale/esteriwebinfo@adnkronos.com (Web Info)

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