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Filippo Turetta, condannato in primo grado all’ergastolo per l’omicidio della fidanzata Giulia Cecchettin, ha rinunciato ai motivi d'appello contro la condanna. Contro la sentenza aveva presentato appello anche la Procura di Venezia per il mancato riconoscimento dell'aggravante della crudeltà. Il processo d'appello a Turetta è previsto per il prossimo 14 novembre. Lo scorso dicembre Turetta ha ascoltato impassibile, a testa bassa, a pochi passi di distanza da Gino, padre dell'ex fidanzata, visibilmente commosso, la sentenza della corte d'Assise di Venezia. Ergastolo per aver premeditato l'omicidio di Giulia Cecchettin, ma secondo i giudici Turetta non l'ha uccisa con crudeltà e il delitto non è la conseguenza di un clima di paura vissuto dalla vittima. Turetta ha inferto 75 coltellate a Giulia Cecchettin l'11 novembre 2023 "per inesperienza e inabilità" non "per crudelmente infierire o per fare scempio della vittima". Per questo i giudici della Corte d'Assise di Venezia lo scorso 3 dicembre hanno condannato all'ergastolo il giovane per l'omicidio dell'ex fidanzata, ma escludendo l'aggravante della crudeltà e dello stalking. Nelle motivazioni della condanna di primo grado si legge anche che il giovane non merita le attenuanti generiche "alla luce della efferatezza dell'azione, della risolutezza del gesto compiuto e degli abietti motivi di arcaica sopraffazione che tale gesto hanno generato: motivi vili e spregevoli, dettati da intolleranza per la libertà di autodeterminazione della giovane donna, di cui l'imputato non accettava l'autonomia delle anche più banali scelte di vita". Turetta ha mantenuto "la lucidità" anche nelle fasi successive all'omicidio: quando coprì il corpo di Giulia con sacchi neri della spazzatura e lo lasciò lontano da strade battute o quando ormai senza benzina, senza denaro e senza cibo si consegnò alla polizia tedesca. Contro il riconoscimento delle attenuanti anche il fatto "che nelle ore immediatamente precedenti all'arresto egli abbia avuto cura di cancellare tutto il contenuto del suo dispositivo dà contezza dell'atteggiamento conservativo dell'imputato il quale, più che spinto dal rimorso o dal proposito di consegnarsi alle autorità, mirava evidentemente a contenere e minimizzare le conseguenze delle proprie abiette azioni. Obiettivo che ha poi continuato a perseguire anche nel corso dell'interrogatorio" quando non ha fatto cenno al contenuto, né ha fornito le password.
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