(Adnkronos) – “Il mio intervento odierno si è concentrato sul ruolo delle intelligenze artificiali nel contesto della deglobalizzazione, che è certamente un fenomeno economico ma anche politico, dal momento che riguarda il confronto tra le spinte verso una sorta di autarchia economica, che poi si può trasformare in autarchia culturale e quindi sociale, con la necessità, invece, di interdipendenza sotto diversi profili. L'intelligenza artificiale può essere sicuramente un fattore di sviluppo e di accompagnamento, ma solo se usata in modo corretto”. Lo ha detto Gennaro Terracciano, professore di Diritto amministrativo all’università degli studi di Roma 4 Foro Italico, partecipando, oggi Roma, al settimo Congresso di ‘Meritocrazia Italia’. Il pericolo determinato dall’ormai pervasivo utilizzo delle nuove tecnologie, Ai in testa, “riguarda soprattutto il fatto che lo sviluppo, la titolarità e la proprietà dei sistemi di intelligenza artificiale sono in mano ai privati – puntualizza Terracciano – Occorre dunque che i sistemi pubblici di tutti i Paesi del mondo abbiano la capacità di regolare, e dominare naturalmente, queste tecnologie in modo tale che non vengano usate contro gli Stati, diminuendo la capacità di democrazia, oltre che di sviluppo anche sociale, nell'utilizzazione di questi strumenti. Tutto questo richiede ovviamente degli investimenti – aggiunge – L'Europa, per fortuna, è stata la prima a darsi una regolamentazione, così come l'Italia è stata la prima a darsi una legge sull'intelligenza artificiale". "Sicuramente, se utilizzati correttamente, i sistemi di intelligenza artificiale aiutano a sviluppare il merito e, addirittura, consentono di educare le nuove generazioni in modo tale da avere un'impronta verso un uso corretto di questi strumenti. Il concetto astratto di meritocrazia potrebbe avvalersi di questi sistemi ma, come in ogni rivoluzione tecnologica, può accadere anche il contrario – conclude – ossia che disinformazione, fake news e utilizzo distorto di queste tecnologie porti a ridurre, e quindi a comprimere, le libertà degli individui e soprattutto la capacità critica. Perché la troppa informazione non controllata, finisce per essere disinformazione”.
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