(Adnkronos) – C'è un protagonista, Gianni Crevatin, ma c'è soprattutto un protagonista che va oltre il racconto: è il giornalismo, con i suoi limiti e le sue nevrosi, con le sue conquiste e i suoi eccessi. 'Buono per incartare il pesce' è il racconto di esordio, edito da Castelvecchi, di Willy Labor, che ha alle spalle una lunga esperienza da giornalista economico e parlamentare e che oggi è il responsabile della comunicazione di Unioncamere. E' un lavoro che va letto per lo sviluppo del suo intreccio narrativo, che ruota intorno a uno scoop su un politico locale, ottenuto senza troppi scrupoli, che porta notorietà al giornalista che lo fa, Crevatin, ma che lo costringe anche a fare i conti con le sue conseguenze, che gli impongono un confronto con la propria coscienza, che diventa una riflessione pubblica sull'etica del giornalismo. Ma è anche un racconto in cui si riconosce facilmente chi il giornalismo lo frequenta tutti i giorni. Partendo dalle basi del mestiere. "La notizia era vera e il mio compito è non nascondere le notizie". E arrivando all'autoassoluzione che ricorre quando si chiama in causa il sistema. E che dà il titolo al racconto. "Sono solo un ingranaggio di un sistema informativo che funziona così e quando si trova una cosa che fa notizia e che fa vendere copie, si cavalca fino a che dura. Tanto poi, il giorno dopo, ci si incarta il pesce…". La replica del suo interlocutore è la molla che fa scattare la coscienza. "Col giornale il giorno dopo ci si incarta il pesce ma le ferite inferte restano, a volte, per sempre". La forza narrativa di Crevatin è che può essere ognuno di noi. Ambizioni, vanità, rimpianti e giustificazioni incluse. "La libertà assoluta non esiste per un giornalista. Hai sempre un editore che puoi danneggiare o dei lettori che vanno assecondati in qualche modo nelle loro convinzioni altrimenti non comprano più il giornale (…) All'interno di questi paletti si può essere liberi. Se ho una notizia, qualsiasi notizia, la pubblico e il mio compito è finito". E' una semplificazione, a volte anche un alibi, ma chiunque abbia scritto una notizia, almeno per un momento, si è sentito protetto da questa ferma, volubile, convinzione. Il resto va letto, possibilmente senza concedersi troppe pause, come si deve fare quando si incontra un buon racconto. (Di Fabio Insenga) —culturawebinfo@adnkronos.com (Web Info)
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