(Adnkronos) – Via il direttore sportivo Florent Ghisolfi e via Lorenzo Vitali, che qualche mese fa era stato nominato Chief Administrator Officer. L'As Roma di Dan e Ryan Friedkin cambia ancora i suoi manager, dopo le dimissioni della Ceo Lina Soulouku a settembre scorso, immediatamente dopo il clamoroso esonero di Daniele De Rossi, e l'attesa di un nuovo Ceo che non è mai arrivato. A Trigoria, in questo momento, i punti fermi restano Claudio Ranieri, senior advisor che ha appena rinunciato alla panchina della Nazionale, e Gian Piero Gasperini, che ha appena accettato di diventare il nuovo allenatore e che è stato appena presentato. Le porte girevoli al vertice delle società gestite da americani non sono una novità, in omaggio a una consolidata tradizione: a comandare è la proprietà e non i manager, che devono essere funzionali alle aspettative e agli obiettivi da raggiungere. La facilità con cui saltano i contratti è direttamente proporzionale alla tentazione di utilizzare la formula 'you are fired' che accompagna i licenziamenti in tronco, quelli con gli scatoloni pronti e gli edifici aziendali da lasciare nel giro di poche ore. E' una cultura manageriale, possa piacere o meno, che può anche funzionare nel suo contesto originario, quello di un mercato fluido in cui alla facilità del licenziamento corrisponde la facilità di una nuova occasione. E in cui la disponibilità economica di una proprietà può bastare a preservare il valore di una società. Applicarla al calcio, con la costanza con cui la stanno usando Dan e Ryan Friedkin nella Roma, espone però a un rischio concreto: alimentare una costante instabilità che difficilmente può aiutare a raggiungere i risultati. Così, del resto, è stato negli ultimi anni, con l'eccezione della parentesi di Josè Mourinho, che ha comunque sempre lamentato l'assenza di profili societari adeguati al suo fianco, e dell'esperienza di un altro uomo solo al comando come Claudio Ranieri. Ora, qualsiasi tifoso della Roma in questo momento spera che sia in arrivo un direttore sportivo migliore di Ghisolfi e che, prima o poi, possa essere individuato anche un Ceo capace di guidare la società in un progetto più lungo di qualche mese. Resta però un tema sul tavolo. E' adatto lo stile di gestione americano al contesto del calcio italiano? Senza comunicare e senza scegliere e valorizzare manager che abbiano una delega piena, e il tempo per esercitarla, è difficile che si possa costruire qualcosa di diverso dai risultati, estemporanei e poco programmabili, arrivati con il condottiero Mourinho o l'aggiustatore Ranieri. Per sostenere il lavoro di Gasperini e le idee dei Friedkin, servono anche i manager. Magari capaci e con una prospettiva che non sia legata solo agli umori del padrone. (Di Fabio Insenga) —sportwebinfo@adnkronos.com (Web Info)
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