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In Anatolia il cerchio dei bambini perduti, la scoperta

(Adnkronos) – In Anatolia centrale, nell'attuale Turchia, riemerge un passato misterioso e struggente grazie alla scoperta di quello che è già stato ribattezzato "il cerchio dei bambini perduti". Durante la diciottesima campagna di scavo nel sito di Uşaklı Höyük, condotta dalla Missione Archeologica Italiana e coordinata dall'Università di Pisa, sono stati rinvenuti i resti di sette bambini in un contesto che suggerisce pratiche rituali risalenti all'epoca degli Ittiti, nell'età del Bronzo, principalmente tra il XVII e il XII secolo a.C. La scoperta, avvenuta nella cosiddetta 'Struttura Circolare', un enigmatico edificio in pietra già oggetto di attenzione scientifica negli ultimi anni, getta nuova luce sui rituali comunitari delle popolazioni del Tardo Bronzo. Le ossa degli infanti non si trovavano in tombe vere e proprie, ma sparse tra frammenti ceramici, resti animali e ceneri: un insieme che lascia ipotizzare riti sacri, forse simili a quelli che avvenivano nei tofet delle antiche città fenicie. "Il legame tra i resti e l'architettura monumentale è ormai evidente", spiega il professor Anacleto D'Agostino, archeologo dell'Università di Pisa e responsabile dello scavo. "Siamo davanti a uno spazio con funzione rituale, legato a pratiche comunitarie e ai valori simbolici della società ittita". Uno degli elementi più rilevanti emersi dallo scavo è il dente di un infante, in condizioni straordinariamente buone. Oltre a permettere una datazione assoluta, potrà offrire attraverso le analisi del Dna informazioni genetiche cruciali sulla popolazione che abitava il sito, oggi identificato da molti studiosi con la città santa di Zippalanda, dedicata al culto del Dio della Tempesta. Il sito di Uşaklı Höyük si trova sull'altopiano anatolico centrale e rappresenta uno dei principali insediamenti ittiti studiati in Anatolia. La campagna 2025, condotta dall'Ateneo pisano in collaborazione con università turche e internazionali, ha interessato diverse aree strategiche. Nell'Area F del sito, gli archeologi hanno identificato nuove murature relative a una fase avanzata dell'occupazione ittita. Le strutture rispettano la presenza della 'Struttura Circolare', suggerendone una continuità d’uso nel tempo, probabilmente con una funzione cultuale. Lastricati e stratificazioni orientali indicano una frequentazione prolungata, rafforzando l'ipotesi che questo spazio rappresentasse il centro sacro dell'insediamento. Nell'acropoli, gli scavi hanno documentato per la prima volta una sequenza di abitazioni e spazi pubblici che coprono un arco cronologico dall’età del Ferro fino al periodo ellenistico. Un deposito di distruzione, rinvenuto a quattro metri di profondità, ha restituito pietre bruciate e ceneri che potrebbero rivelare nuovi dettagli su una fase ancora poco conosciuta della regione. Parallelamente, nell'Area G, prosegue lo studio della necropoli medievale, con analisi genetiche su una famiglia sepolta che potrebbero offrire nuovi indizi sulla ricomposizione demografica dell'Anatolia dopo la storica battaglia di Manzikert (1071 d.C.). Accanto agli elementi strutturali e umani, la Missione Archeologica Italiana ha raccolto una ricca documentazione materiale: ceramiche, resti animali, semi e carboni che raccontano un’economia mista di allevamento, caccia e pratiche rituali. In Area F, una fossa contenente resti interi di cavalli, bovini, caprovini, asini e persino una lepre, potrebbe testimoniare cerimonie collettive o offerte sacrificali. Gli studi archeobotanici e genetici sono ancora in corso, con l’obiettivo di ricostruire l’ambiente agricolo e la composizione biologica delle antiche popolazioni anatoliche. Le analisi del Dna umano e animale, condotte presso il laboratorio Human_G dell’Università Hacettepe di Ankara, promettono risultati innovativi per la comprensione delle dinamiche sociali e culturali della regione. Il progetto è l'unica Missione Archeologica Italiana attiva in un sito ittita della madrepatria e si avvale della cooperazione con numerose istituzioni turche ed europee, tra cui le università di Koç, Ucl, Firenze, Siena, Roma Sapienza e Hacettepe. È finanziato dal Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale italiano, dalla Fondazione per l'Oriente Mediterraneo, dal Progetto Prin AlandAcon con fondi Next Generation Eu e dall'Università di Oxford. Un'esperienza che unisce ricerca scientifica, formazione e diplomazia culturale, contribuendo alla riscoperta di una civiltà millenaria e dei suoi enigmi ancora irrisolti. —culturawebinfo@adnkronos.com (Web Info)

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