(Adnkronos) – "Milena era andata a farsi questo intervento estetico a Istanbul 20 giorni fa. Era in una clinica privata, poi, a seguito di una complicanza, è stata trasportata in ospedale e questa mattina abbiamo saputo che era morta". Lo dice all'Adnkronos Luigi Di Palma, uno zio di Milena Mancini, l'imprenditrice 56enne di Isola del Liri, morta a Istanbul dopo essersi sottoposta a un intervento estetico in una clinica privata turca. "Durante l'intervento aveva avuto una complicanza e sembra che abbia contratto un'infezione in questa clinica. Evidentemente le conseguenze erano irreversibili", spiega lo zio con voce spezzata.
Di Palma si dice "sotto choc per la notizia tragica. Anche perché noi familiari non siamo stati informati della questione, non sapevamo che Milena fosse andata in Turchia per questo intervento estetico, quindi per noi è stata una cosa tragica". Lo zio di Milena sostiene che la famiglia non fosse stata informata "della scelta di Milena di andare in Turchia a farsi operare perché lei e il marito non volevano che ci preoccupassimo, in famiglia andiamo d'accordo". Milena era una donna "determinata e capace – continua Di Palma – era un'imprenditrice. Ha fatto esperienze nell'ambito finanziario e bancario e, da qualche anno, era nell'ambiente immobiliare". Lo zio descrive Milena come una persona "solare, andava d'accordo con tutti. La sua determinazione derivava dalla famiglia che è sempre stata piena d'iniziativa", conclude.
Fare un intervento di chirurgia plastica in Turchia "può attrarre per i costi ridotti. I risultati possono essere, in alcuni casi, anche buoni sul piano estetico, ma i rischi in caso di complicanze sono troppo elevati. Il gioco non vale davvero la candela: mettere in pericolo la propria salute non può essere considerata una buona scelta". E' il parere di Maurizio Valeriani, docente di Chirurgia plastica all'università Unicamillus di Roma, che all'Adnkronos Salute commenta il dramma dell'imprenditrice deceduta dopo un intervento estetico a Istanbul. L'intervento low cost in Paesi come la Turchia, spiega lo specialista, "è reso appetibile dal minor costo del personale, delle strutture, delle apparecchiature rispetto all'Italia e ad altri Paesi europei". E "magari si ottiene anche ciò che si voleva. Il problema però si pone, in maniera drammatica, quando ci sono complicanze che richiedono attrezzature adeguate, estrema attenzione al decorso e alla perfetta guarigione, cosa che richiede tempo anche in mano a un chirurgo plastico esperto e preparato". Tutto questo può essere davvero difficile "in un Paese, dove la lingua è differente, la valutazione dell'ambiente molto difficile per il paziente e gli elementi per giudicare la struttura molto limitati", continua Valeriani. In caso di infezioni, poi, "l'esame colturale per i germi si può fare sicuramente anche in Paesi come la Turchia, ma i dati ci dicono che la sicurezza è minore e la percentuale di complicanze è più alta", conclude l'esperto ricordando inoltre che "in un ambiente chirurgico con standard adeguati anche in Turchia i costi ormai si allineano. Questo dovrebbe farci riflettere sul fatto che la scelta del low cost sottrae qualcosa per contenere i costi e si paga cara sul fronte della sicurezza".
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