(Adnkronos) – Il fotografo franco-brasiliano Sebastiao Salgado è morto a Parigi, all'età di 81 anni. Lo ha annunciato oggi l'Accademia delle Belle Arti francese, di cui era membro. Il fotografo era noto soprattutto per le sue grandi foto in bianco e nero di guerra e della foresta amazzonica. "Laurent Petitgirard, segretario perpetuo, i membri e i corrispondenti dell'Accademia delle Belle Arti annunciano con immensa tristezza la morte, venerdì 23 maggio all'età di 81 anni, del loro confratello Sebastião Salgado", ha scritto l'Accademia, che lo aveva eletto tra i suoi nel 2016 come "grande testimone della condizione umana e dello stato del pianeta". Nato ad Aimorés (Minas Gerais) l'8 febbraio 1944, terminati gli studi di economia e statistica in Brasile, dopo aver lavorato per un breve periodo nella pubblica amministrazione e per conto della International Coffee Organization, nel 1973 Salgado ha intrapreso la carriera di fotografo, collaborando dapprima con l'agenzia Gamma e, dal 1979, con la Magnum. Ha ottenuto vari riconoscimenti, tra cui il premio Eugene W. Smith per la fotografia umanitaria (1982), il premio Erich Salomon (1988), il premio Oskar Barnack (1985 e 1992), la medaglia d'oro della Royal Photographic Society of Great Britain di Bath (1994). I suoi lavori, oggetto di mostre e pubblicazioni – a partire da 'Sahel: l'homme en detresse' (1986), reportage sugli effetti devastanti della siccità, 'Other Americas' (1986), 'An uncertain grace' (1990), fino ai più recenti 'Workers' (1993), grande affresco sul lavoro umano, e 'Terra' (1997), dedicato al movimento brasiliano dei braccianti Sem Terra -, denunciano il divario crescente tra paesi ricchi e paesi poveri, fornendo un quadro dell'universo di sofferenza in cui si muove gran parte della popolazione mondiale. La scelta dei soggetti, la composizione sempre classica ed equilibrata dell'inquadratura e le scelte stilistiche nell'uso del bianco e nero e della tecnica di stampa riportano l'opera di Salgado nel solco di una tradizione che collega la ricerca sul lavoro di L. Wickes Hine al reportage di E.W. Smith. Lasciata la Magnum nel 1994, Salgado ha fondato a Parigi una propria agenzia, la Amazonas Images, che si occupa di distribuire il suo lavoro e di promuovere le iniziative collegate alle campagne fotografiche. Dopo la pubblicazione di 'Terra', Salgado ha concentrato la sua attività su un progetto, che aveva preso l'avvio nel 1994, dedicato al problema dell'emigrazione. Da passione amatoriale, in breve tempo la fotografia per Salgado divenne una vocazione e un progetto di vita. Salgado trovò subito una nicchia di cui divenne protagonista, documentando come i cambiamenti ambientali, economici e politici condizionano la vita dell’essere umano. Ha lavorato su molti dei principali conflitti degli ultimi 25 anni, ma la sua opera più famosa rimane probabilmente "La mano dell'uomo", un colossale progetto sull'uomo e sul lavoro, realizzato in 6 anni attraverso 26 paesi, una delle più importanti opere fotografiche del dopoguerra. A metà degli anni ‘90, profondamente toccato dalla crudezza delle scene viste durante il genocidio in Ruanda, Salgado decise di dedicarsi ad un progetto ambientale presso l'hacienda di famiglia in Brasile. Contemporaneamente, spostò la sua attenzione di fotografo sulle tematiche ambientali, e iniziò a lavorare al progetto "Genesis" che lo porterà ad abbandonare le sue caratteristiche di ritrattista, e a realizzare un colossale omaggio al Pianeta, rappresentando animali e paesaggi non ancora contaminati dal progresso umano. Questa trasformazione nella sua carriera è stata raccontata splendidamente nel film-documentario "Il sale della Terra" di Wim Wenders. Durante alcuni viaggi per conto dell'Organizzazione Mondiale del Caffè, inizia a conoscere l'Africa e a capire che per trovare delle soluzioni ai problemi del Terzo Mondo bisogna prima testimoniare. Lo strumento che utilizzerà per adempiere a questa missione sarà la macchina fotografica. Così, nel 1973, lascia il lavoro e inizia un viaggio di tre anni che lo porterà a girare per tutta l'Africa con una nuova professione: fotografo. Contrariamente ai fotografi di "news", però, Salgado preferisce non correre dietro all'attualità immediata, ma andare dove non succede nulla se non la persistenza di una situazione, critica o semplicemente peculiare. La prima cosa da cui inizia è la siccità nel Sahel. Con la fine del XX secolo i lavori tradizionali e manuali iniziano rapidamente a sparire, soppiantati progressivamente dall'avvento delle nuove tecnologie. "La mano dell'uomo" è un grande omaggio alla condizione umana e al lavoro che Salgado realizza raccontando per immagini questo passaggio epocale. Dalle miniere d'oro del Brasile ai pozzi di petrolio del Golfo Persico, dalla Manica alle miniere di zolfo indonesiane, Salgado è sempre lì, pronto a immortalare in 35 mm il dramma e la disperazione ma, soprattutto, la dignità dei lavoratori. Salgado era considerato un ottimo fotogiornalista fino alla pubblicazione de "La mano dell’uomo", ma quest'opera colossale lo ha collocato in una dimensione ancora più ampia. All'inizio degli anni '90 Salgado inizia un viaggio lungo sette anni per dare vita al progetto "In cammino", durante il quale visiterà quaranta paesi per testimoniare gli esodi che affliggono il Pianeta. Nonostante i 20 anni di carriera già alle spalle, quest'esperienza si rivelerà traumatizzante per Salgado: "Quello che ho visto durante il genocidio ruandese mi ha fatto perdere la fede nell'uomo e nel mondo. Alla fine di questo percorso stavo male, la mia salute era a pezzi". Decide di tornare in Brasile e dedicarsi ad uno dei più grandi progetti ambientali mai realizzati. Nella terra di proprietà della famiglia dà inizio a un'opera di riforestazione che lo porterà a piantare più di due milioni di alberi e a ricreare un ecosistema ormai scomparso. Abbandona momentaneamente la fotografia fino a quando, ispirato anche da questa esperienza, si lancia nel progetto "Genesi". Inizia a viaggiare in lungo e in largo per il pianeta, alla ricerca di quei luoghi non ancora intaccati dall'uomo, dove è ancora possibile catturare immagini che evocano tutta la bellezza e la potenza della natura. —culturawebinfo@adnkronos.com (Web Info)
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