(Adnkronos) – Una delle domande più antiche della ricerca archeologica sarda sta finalmente trovando risposta: quanti sono i nuraghi dell’Isola? In Sardegna manca un censimento completo, ma oggi sta nascendo un progetto che unisce tecnologie avanzate, ricerca scientifica e partecipazione civica per colmare questa lacuna storica. Ha infatti preso ufficialmente il via il percorso che porterà alla realizzazione dell’Atlante della civiltà nuragica. Il punto di partenza è chiaro e viene sintetizzato in una frase da Pierpaolo Vargiu, presidente dell’Associazione La Sardegna verso l’Unesco: “Si apprezza soltanto ciò che si conosce”. L’impossibilità di definire il numero preciso dei nuraghi pone limiti alla protezione e alla valorizzazione del patrimonio, ed è per questo che la Sardegna ha deciso di cambiare passo. Durante la “Settimana nuragica”, ospitata all’ex Manifattura Tabacchi di Cagliari, Regione, Università di Cagliari e Sassari, Crenos e CRS4 hanno presentato i primi esiti del progetto regionale sviluppato nell’ambito del Pnrr. Il cuore di questa nuova infrastruttura scientifica è il geoportale “NuragicReturn”, un contenitore di dati provenienti da droni, fotografie aeree, rilievi topografici, archivi storici e contributi locali. Una piattaforma dedicata alla ricognizione dei siti e dei rischi legati ad alluvioni, instabilità del suolo, terremoti e degrado ambientale che diventa così strumento di protezione del territorio. Il censimento provvisorio registra 10.387 monumenti in 9.410 siti. Una cifra enorme, che dà l’idea della densità archeologica della Sardegna, ma che necessita ancora di perfezionamenti. Ed è qui che entra in gioco la svolta: l’Atlante sarà la prima piattaforma aperta e partecipata dedicata ai nuraghi. Entro il 2026 i cittadini potranno collaborare attivamente segnalando nuovi monumenti, caricando immagini, controllando la posizione dei siti e aiutando a costruire una memoria condivisa. Parallelamente è nato da circa un anno l’AI Archeo-Hub, il primo polo italiano dedicato all’intelligenza artificiale per l’archeologia, creato con le università sarde e la Duke University. Una struttura che porterà analisi automatica delle immagini, ricostruzioni 3D e nuovi strumenti per la ricerca. L’ iniziativa, insomma, è molto più di un progetto geografico-tecnologico: rappresenta una svolta culturale, identitaria ed economica. L’Atlante dei Nuraghi è destinato a ridefinire il modo in cui la Sardegna si racconta, restituendo all’Isola il ruolo che le spetta nella storia mediterranea. “Questo patrimonio non è solo un’eredità: è un’opportunità”, afferma Vargiu. “Il nostro patrimonio può diventare un motore di sviluppo culturale, economico e turistico. Un diamante prezioso rimasto troppo a lungo chiuso in cassaforte. L’Atlante dei Nuraghi non è soltanto un progetto tecnologico: è un gesto identitario. È il percorso con cui la Sardegna vuole finalmente raccontarsi al mondo, ma prima ancora a sé stessa. Perché si ama solo ciò che si conosce. E conoscere la civiltà nuragica significa restituire all’Isola il posto che le spetta nella storia del Mediterraneo e nell’immaginario globale”.
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