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Amiloidosi, cardiologa Carigi: “Accumuli proteici alterano funzione cuore”

(Adnkronos) – "Anche piccoli depositi di amiloide nel cuore comportano l'alterazione della sua funzione, soprattutto quella diastolica, cioè quella di riempimento. Solo in fase più avanzata di malattia viene intaccata anche la funzione sistolica, quella di svuotamento. L'interessamento cardiaco è quello che impatta di più nella prognosi dei pazienti". Lo ha detto Samuela Carigi, cardiologo responsabile dell'Ambulatorio Scompenso e cardiomiopatie dell'Ospedale Infermi di Rimini dell'Ausl Romagna, intervenendo all'incontro con la stampa 'Amiloidosi cardiaca: quando il cuore nasconde una malattia rara', che si è tenuto oggi a Milano nella sede di Bayer Italia. "L'amiloidosi cardiaca – spiega l'esperta – può essere dovuta a diverse proteine che, sfaldandosi, causano la formazione di fibrille di amiloide che si depositano negli spazi extracellulari dei vari organi e tessuti. Le forme più comuni sono l'Al, da alterazione di un clone prodotto dal midollo osseo, e l'Attr, da sfaldamento della transtiretina, proteina prodotta principalmente dal fegato. Le fibrille di amiloide si depositano in vari tessuti, uno dei principali, soprattutto nella forma da transtiretina, è il cuore. Non è ben noto perché l'amiloidosi prediliga in maniera particolare il muscolo cardiaco. Si suppone che i meccanismi siano diversi, tra i quali il fatto che il cuore è un organo in movimento. Lo stress ossidativo che produce nella fase sisto-diastolica è, quindi, notevole e questo può favorire l'instabilità delle proteine circolanti. E', inoltre, un organo molto vascolarizzato, esposto dunque ad alti livelli di proteine circolanti. Le fibrille di amiloide si legano alla matrice extracellulare cardiaca, composta prevalentemente da collagene, ma anche da proteoglicani, e i meccanismi di rimozione di questa matrice nel cuore sono limitati. Probabilmente per un insieme di questi motivi il cuore è un organo bersaglio". Il paziente che si presenta all'esperto "può avere un quadro di scompenso cardiaco – evidenzia la cardiologa – Più frequentemente ha frazione di eiezione preservata, affanno e dispnea, così come anche aritmie Nell'amiloidosi, infatti, frequentemente si può sviluppare la fibrillazione atriale. Può anche esserci la presenza di ipotensione, cioè una riduzione dei valori pressori".  Una 'red flag' importante, un campanello d'allarme da non sottovalutare, è "quando il medico di medicina generale si trova a dover ridurre o sospendere la terapia antipertensiva a un paziente, soprattutto nella fascia anziana della popolazione, che è stato iperteso per diversi anni – avverte Carigi – Lo stesso accade se il paziente riferisce dolore toracico, eventualità più rara che può associarsi a quella che si potrebbe chiamare angina, anche se in realtà è legata all'interazione del microcircolo che accompagna l'amiloidosi". Proprio per questo "la creazione di un team multidisciplinare nell'amiloidosi è fondamentale, più che in altre patologie cardiache, sia per accelerare la diagnosi, che nella definizione della diagnosi finale, perché ci sono diversi tipi di patologia – chiarisce la specialista – Il coinvolgimento multiorgano pone, ad esempio, la necessità di sottoporsi a una visita neurologica semestrale, oltre alla visita cardiologica, raramente, nelle forme ereditarie, la visita oculistica o la visita gastroenterologica. Dobbiamo quindi avere degli specialisti che siano dedicati e formati alla gestione di questo tipo di pazienti e che lavorino in rete".  La terapia dell'amiloidosi "si può esprimere a 3 livelli fondamentali – illustra la specialista – Il primo è la riduzione della sintesi, il secondo consiste, per quanto riguarda l'amiloidosi Attr, nella stabilizzazione del tetramero di transtiretina, in modo che non si sfaldi, e il terzo livello, che arriverà in futuro, sarà la rimozione dell'amiloide dai tessuti. Abbiamo delle molecole che vanno ad agire sulla riduzione della sintesi epatica di transtiretina e sono al momento utilizzate nei pazienti con polineuropatia amiloidotica. E' già attuale – conclude – la possibilità di stabilizzare il tetramero, con delle molecole chiamate stabilizzatori del tetramero che ne impediscono lo sfaldamento e quindi l'ulteriore accumularsi dell'amiloide nei tessuti".  —salutewebinfo@adnkronos.com (Web Info)

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