(Adnkronos) – Ci sono specialità cliniche che, per la natura dei loro interventi – anestesia, rianimazione, endoscopia, radiologia, chirurgia – si trovano (loro malgrado) ad essere particolarmente 'inquinanti'. Più in generale, i processi sanitari, nella loro complessità, si trovano a essere la quinta causa di inquinamento globale da gas serra, trovandosi quindi nella scomoda posizione di ammalare il pianeta, mentre cercano di curare i pazienti. La sfida, quindi, è abbassare il peso dell'impatto sanitario sull'ambiente con il diretto coinvolgimento dei clinici. Ne hanno parlato questa mattina a Napoli – nella sessione 'Quanto è sostenibile la tua area clinica?' del 25esimo Convegno nazionale Aiic, Associazione italiana ingegneri clinici – una serie di rappresentanti di società scientifiche: per gli anestesisti Valentina Bellini (Siaarti); per i nefrologi Adolfo Perrotta (Sin); Guido Rovera per la medicina nucleare (Aimn); il gastroenterologo ed endoscopista Giovanni Lombardi per Aigo; Vincenzo Bottino per i chirurghi (Acoi); Roberto Grassi, radiologo-UniVanvitelli Napoli, e Daniele Gui, già direttore Chirurgia d'urgenza-Policlinico Gemelli Roma – si sono confrontati su questi temi cercando di riassumere le posizioni sulle tematiche green delle loro società, nel tentativo di convergere su un nuovo approccio culturale e su una comunanza di iniziative. La sessione ha chiarito come tutte le realtà scientifico-professionali – dagli anestesisti agli endoscopisti, dai nefrologi ai chirurghi – stiano già percorrendo un sentiero di 'approccio green', con l'obiettivo di seminare una cultura attenta al riuso, alla miglior gestione dei rifiuti, a una organizzazione e a una logistica più attenta all’impatto ambientale. Per esempio, gli anestesisti hanno già condiviso a livello europeo una serie di raccomandazioni per un approccio di green anestesia, che in tutto il continente stanno portando alla forte limitazione degli anestetici inalatori. Uno dei temi ricorrenti e trasversali è l'uso dei prodotti monouso. Bisognerebbe iniziare a prendere in seria considerazione il ritorno al pluriuso – hanno sottolineato sia Lombardi che Bottino – ovviamente nelle forme e nei modi più consoni a evidenze scientifiche di appropriatezza e sicurezza del paziente. Allo stesso modo i nefrologi – ha precisato Perrotta – stanno lavorando per cercare di comprendere la gestione dell'impatto dell'uso delle acque, visto che per un solo paziente in dialisi bisogna mettere in conto l'utilizzazione di centinaia di litri d'acqua: fruizione necessaria, ma anche di forte peso ambientale. Tutte le società scientifiche hanno condiviso l'invito avanzato da Gui, coordinatore del progetto europeo Caring Nature, che vede il Gemelli in partnership con 19 soggetti di 11 Paesi europei. Gli ingegneri clinici, secondo l'esperto, potrebbero essere il soggetto di riferimento e il collettore di informazioni per chi vuole imprimere una svolta autenticamente green, fornendo metriche – quanto consuma una sala operatoria/ una rianimazione?, quanto 'pesa' uno smaltimento rifiuti disorganizzato – e promuovendo studi di impatto. L'invito è stato accolto da Lorenzo Leogrande, presidente del Convegno Aiic, che ha ringraziato le società scientifiche "per l'endorsment e ha confermato come esista ormai una convergenza a livello di comunanza di intuizioni, ma che il percorso sia ancora lungo sia per giungere a una chiara visione generale, che all'identificazione dei piccoli passi realizzabili sui territori e nei centri di cura, attraverso best practice e raccomandazioni comuni. Ingegneri clinici, chirurghi, anestesisti, infermieri, nefrologi e altri professionisti – ha concluso – devono iniziare un dialogo concreto che riguarda le apparecchiature energivore, il riutilizzo di macchine e il riciclo di materiali perché siamo agli albori di un'epoca nuova". —cronacawebinfo@adnkronos.com (Web Info)
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