(Adnkronos) – Pubblicata sulla rivista Journal of Volcanology and Geothermal Research, la ricerca intitolata "Chemical and isotopic characterization of groundwater and thermal waters from the Campi Flegrei caldera (southern Italy)", e condotta da un team di ricerca dell'Osservatorio Vesuviano dell'Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV-OV) in collaborazione con diverse università italiane, rappresenta il primo studio esaustivo sulla geochimica della falda flegrea dal 2005, data di inizio dell'attuale crisi bradisismica, e ha permesso di identificare i complessi processi che controllano le differenti caratteristiche delle acque, tra i quali l'aggiunta di gas vulcanico-idrotermali e i loro processi di degassamento. "Il lavoro rappresenta il primo studio esaustivo sulla geochimica della falda flegrea dal 2005 data di inizio dell'attuale crisi bradisismica el, e ha permesso di riconoscere i complessi processi che controllano le differenti caratteristiche delle acque, fra i quali l'aggiunta di gas vulcanico-idrotermali e i loro processi di degassamento, contribuendo alla definizione del modello geochimico del sistema" spiega Stefano Caliro, Dirigente Tecnologo responsabile del monitoraggio geochimico dei vulcani campani presso l'INGV-OV, sottolineando come la comprensione di tali processi sia cruciale per il monitoraggio dell'attività vulcanica.
Mappa della temperatura delle acque sotterranee della caldera. Nelle aree di Solfatara-Pisciarelli e Baia Mofete Monte Nuovo sono evidenti le due anomalie termiche principali. I simboli e le loro dimensioni identificano le diverse caratteristiche e temperature delle acque. "Tra i risultati più interessanti vi è l'integrazione del modello concettuale con il modello fisico numerico del sistema, che prevede una risalita di gas nell'area Solfatara-Pisciarelli, e l' identificare l'interazione tra fluidi vulcanici e acquiferi sulla base delle caratteristiche delle acque. Questa zona si conferma come il cuore dell'attività idrotermale della caldera", sottolinea Giovanni Chiodini, Dirigente di Ricerca Associato presso l'INGV.
I processi geochimici identificati sono strettamente connessi, ma ognuno domina in regioni specifiche del sistema idrotermale, causando quindi, la grande variabilità nella composizione delle acque sotterranee all'interno della caldera. Nei Campi Flegrei coesistono, infatti, acque fredde di origine meteorica, acque bicarbonate termali originate dalla interazione con i gas nelle aree periferiche del sistema, acque clorurate derivate da soluzioni saline ad alta temperatura, e, infine, acque sotterranee dell'area Solfatara-Pisciarelli, dove gioca un ruolo determinante la condensazione di vapore ricco di zolfo. "L'indagine ha avuto quindi lo scopo di comprendere meglio i processi chimici che influenzano la composizione delle acque sotterranee. Attraverso l'analisi di 114 campioni raccolti in un'estesa campagna di misure tra il 2013 e il 2014, abbiamo sviluppato un modello geochimico che ha permesso di descrivere l'evoluzione della interazione di acqua meteorica con soluzioni saline idrotermali e gas vulcanici durante il suo percorso sotterraneo", aggiunge Alessandro Aiuppa, Professore presso l'Università di Palermo.
Modello concettuale di distribuzione dei diversi tipi di acque sotterranee della caldera, confrontato con il modello fisico del sistema geotermico dei Campi Flegrei. Sullo sfondo le caratteristiche della sezione geologica della caldera.
I dati raccolti hanno quindi permesso di sviluppare un modello concettuale avanzato utile per evidenziare e interpretare eventuali cambiamenti futuri nella chimica delle acque sotterranee e nella dinamica dei processi. "I risultati di questo studio hanno permesso di progettare e realizzare una rete multiparametrica permanente di monitoraggio delle acque nella caldera, attiva dal 2018 e in continua evoluzione, che rappresenta uno strumento essenziale per rilevare modifiche nel sistema e riconoscere eventuali segnali della ripresa dell'attività vulcanica", conclude Mauro A. Di Vito, Direttore dell'INGV-OV.
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