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Riaprono gli scavi archeologici del Museo di Palazzo Vecchio

(Adnkronos) – I Musei Civici Fiorentini, insieme a Fondazione Mus.E riaprono, dopo cinque anni di interruzione, la visita agli scavi archeologici di Palazzo Vecchio, spazi che custodiscono testimonianze preziose della storia urbana dall’età romana a quella moderna. L’area di scavo è visitabile tutti i sabati e tutte le domeniche alle 12 e alle 12:45 con visite guidate (massimo 15 persone, con un biglietto a 4 euro). Dopo la lunga interruzione, dovuta prima alla pandemia da covid19 e in seguito ai lavori di adeguamento alle prescrizioni antincendio, tornano finalmente visibili i resti dell’imponente teatro romano, che in epoca adrianea poteva accogliere migliaia di spettatori. Gli spazi presentano una ricca stratigrafia che consente di ripercorrere gli sviluppi architettonici e viari di quest’area della città dai primi secoli dopo Cristo fino al Cinquecento maturo, offrendosi come una straordinaria testimonianza di continuo reimpiego e rinnovo delle strutture in adeguamento alle sempre rinnovate funzioni. “Tornano visitabili gli scavi archeologici di Palazzo Vecchio, una straordinaria testimonianza della storia della nostra città che affonda la sua origine in età romana” ha detto l’assessore alla cultura Giovanni Bettarini. “Ora, dopo cinque anni di interruzione dovuta prima alla pandemia e poi ai lavori di adeguamento, grazie al lavoro dei Musei Civici Fiorentini e della Fondazione Mus.E, restituiamo alla città un patrimonio inestimabile, da visitare e conoscere". Risale al 2010 la conclusione degli scavi archeologici nei sotterranei di Palazzo Vecchio, che ha consentito di riportare alla luce le testimonianze relative al teatro romano di Florentia e alle successive stratificazioni, offrendosi come un importante caso di riuso e trasformazione edilizia – pubblica e privata – dall’età antica all’età moderna. Il primo impianto del teatro romano potrebbe risalire alla fase coloniale della città; l'intervento di ampliamento si inquadra, verosimilmente, nella grandiosa ristrutturazione della città compiuta in età imperiale (fine I – inizi II sec. d.C.). Il teatro di Florentia, per quanto consentono di stabilire i resti archeologici, doveva avere all'epoca della sua massima espansione una capienza cospicua, stimata nell'ordine degli 8.000-10.000 spettatori. Le sue vestigia, infatti, si estendono su una vasta porzione di terreno sotto Palazzo Vecchio e palazzo Gondi, con la cavea rivolta verso piazza della Signoria e la scena lungo via dei Leoni.  La grandezza e la capienza del teatro sono una testimonianza dell'incremento demografico d'età imperiale, epoca in cui la città conosce un significativo sviluppo urbano. Il teatro restò attivo fino al V secolo d.C .; in seguito, con la crisi dell'Impero Romano e le guerre greco-gotiche, cadde progressivamente in disuso e in stato di degrado. L'area fu sottoposta a ripetuti saccheggi e spoliazioni di materiali costruttivi. Dall'età longobarda le burelle, ossia i corridoi radiali in muratura sui quali era impostata la cavea a semicerchio, vennero utilizzate con funzioni diverse; alcuni ambienti divennero discariche di materiali, calcinaie, luoghi di sepoltura, stalletti per animali.  L'elevato della cavea fu fortificato e utilizzato come torre di guardia, meglio nota col nome di Guardingo. Intorno al XII-XIII secolo alcune burelle furono anche trasformate in carceri. Sopra le strutture romane, dall’XI secolo si appoggiarono inoltre gli edifici medievali e nei secoli seguenti quest’area della città fu interessata da ulteriori interventi, diventando denso tessuto urbano: oltre al passaggio di via di Bellanda vennero a sovrapporsi le case-torri delle famiglie Foraboschi e Manieri e il palazzo dei Bellialberti, poi dimora dell’Esecutore di Giustizia, nel tempo inglobati dal palazzo civico oggi Palazzo Vecchio, sorto dalla fine del Duecento e ampliatosi gradualmente verso est: significativa, in questo senso, è la fase di l’edificazione della sala del maggior consiglio, oggi nota come salone dei cinquecento, per le cui fondazioni si utilizzarono le camere radiali come plinti. 
—culturawebinfo@adnkronos.com (Web Info)

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