(Adnkronos) – L'Opificio delle Pietre Dure di Firenze ha concluso il restauro del busto del Redentore attribuito a Pietro Torrigiano (Firenze 1472 – Siviglia 1528) e lo ha riconsegnato al convento fiorentino di Santa Trinita. L'autore, noto soprattutto per il pugno a Michelangelo che ne deturpò il profilo, fu in realtà artista irrequieto e dotato, apprezzato non solo a Firenze, ma anche nell’Inghilterra dei Tudor e dalla monarchia spagnola. L'opera, una terracotta policroma di qualità altissima, ha richiesto un intervento impegnativo, preceduto da una approfondita campagna diagnostica. A condurlo sono stati i restauratori del settore Materiali ceramici, plastici e vitrei diretto da Laura Speranza. Il restauro, che ha coinvolto inizialmente anche gli studenti della Saf, è stato proseguito e portato a termine da Chiara Fornari, direttore tecnico del laboratorio, con la supervisione della soprintendenza competente (Jennifer Celani e poi Daniela Parenti). Dopo il consolidamento della terracotta si sono recuperate le cromie originali che, pur frammentarie, si sono rivelate di grande raffinatezza, in particolare nel volto. "L'intervento – afferma la Soprintendente dell’Opificio Emanuela Daffra – ha restituito, insieme, naturalezza e intensità espressiva ad una scultura dal modellato sensibilissimo non più mortificato dalle riprese. La qualità dell’opera, sempre sottolineata dagli studi ma ora più esplicita, dà ragione della sua fortuna, testimoniata da numerose repliche". "Vista l’estensione delle grandi lacune presenti sui panneggi – spiega Laura Speranza – si è scelto di limitare le integrazioni sull’ incarnato, anche in considerazione del fatto che la terracotta ha un colore chiaro che non disturba la visione. Tale scelta inoltre è stata dettata dalla volontà di mantenere il più possibile l’originalità dell’opera con la forza prorompente della sua plasticità, recuperata anche grazie alla rimozione delle ridipinture degli splendidi riccioli castani della capigliatura". È verosimile che ad influire sul precario stato di conservazione sia stata la collocazione della terracotta in una nicchia della cripta di Santa Trinita. L’ambiente umido ha causato non solo la perdita del colore ma anche lo sfaldamento della stessa terracotta con cadute di materia visibili sui riccioli e sulle vesti. Presente alla mostra curata da Francesco Caglioti "Verrocchio. Il maestro di Leonardo" (Firenze 2019, Museo Nazionale del Bargello e Palazzo Strozzi ) il busto del Redentore è stato in questa occasione collocato negli anni giovanili del Torrigiano, fra il 1492 e il 1495, come rilettura dei modelli di Verrocchio in cui l'artista "traduce l’imperturbabile superiorità del Redentore misericordioso in una umanità più terrena e comunicativa". —culturawebinfo@adnkronos.com (Web Info)
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