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Pensione part time: come funziona negli ultimi 3 anni di lavoro

Pensando al ritiro dal lavoro in modo più graduale e favorendo il ricambio generazionale, il Governo sta considerando l’implementazione del modello scandinavo della pensione part time negli ultimi 3 o 4 anni di attività lavorativa. Questo modello prevede una riduzione graduale dell’orario di lavoro per consentire al pensionato di trasferire le proprie competenze ai nuovi arrivati prima di lasciare definitivamente il mondo del lavoro. Allo stesso tempo, verrebbe riconosciuta una pensione piena al momento del pensionamento.

La pensione part time è un trattamento pensionistico in cui si riduce gradualmente l’orario di lavoro nei 3 o 4 anni che precedono il pensionamento definitivo. Questo approccio è già attivo nei Paesi del Nord Europa e favorisce il trasferimento di competenze ai nuovi lavoratori, permettendo loro di prendere il posto dei pensionati. Il Governo sta valutando l’inclusione di questa misura nella riforma pensioni del 2024 al fine di incentivare il ricambio generazionale.

Al momento, non sono state definite le soglie anagrafiche o contributive per accedere alla pensione part time, ma questo sarà oggetto dei negoziati tra il Governo e le parti sociali.

Il modello scandinavo prevede una riduzione gradual dell’orario di lavoro a partire dall’età di 61 anni fino a un mese prima del compimento dei 65 anni. Inoltre, i dipendenti pubblici possono richiedere diverse percentuali di pensione parziale, che vanno dal 10% al 50% dell’orario di lavoro previsto dal loro contratto. Questo significa che le pensioni parziali e lo stipendio dipenderanno dalle ore lavorate. Inoltre, se un dipendente ottiene una pensione part time, il datore di lavoro lo considera come un dipendente a tempo parziale e viene incentivato ad assumere un under 35 a tempo parziale per sostituirlo.

In Italia, la pensione part time assumerebbe una forma leggermente diversa. Il pensionato avrebbe la possibilità di uscire gradualmente dal lavoro dimezzando l’orario di lavoro nei 3 o 4 anni prima del pensionamento. Riceverebbe metà stipendio e metà pensione, mentre i contributi continuerebbero ad essere versati integralmente per garantire una pensione piena all’età di 67 anni. Questa proposta si sposa con gli sgravi contributivi per le imprese che assumono under 35, permettendo al pensionato part time di svolgere un ruolo di tutoraggio nei confronti dei nuovi arrivati.

Tuttavia, l’applicazione pratica della pensione part time in Italia presenta dei problemi economici, in quanto le risorse pensionistiche sono limitate e questa misura potrebbe essere costosa per lo Stato. Inoltre, il tessuto produttivo italiano, composto principalmente da PMI con orari poco flessibili, potrebbe rendere complicata l’implementazione di questo tipo di pre-pensionamento.

L’obiettivo della pensione part time è promuovere il ricambio generazionale e il trasferimento delle competenze, consentendo ai lavoratori di andare in pensione in modo graduale e garantendo al contempo l’inserimento di giovani lavoratori. Questa misura permette al pensionato di formare un giovane sotto i 35 anni per almeno 4 anni, che successivamente viene assunto con un contratto a tempo indeterminato. Con un costo neutro per l’azienda, in quanto i costi dell’assunzione del giovane e del pensionato part time si bilanciano a vicenda. Restiamo in attesa di ulteriori sviluppi riguardo all’approvazione di questo tipo di pensionamento.

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