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Palio di Siena, svelato il Drappellone di Riccardo Manganelli

(Adnkronos) – E’ stato presentato oggi pomeriggio, giovedì 26 giugno, nel Cortile del Podestà, il Drappellone del Palio di Siena il 2 luglio, dedicato alla Madonna di Provenzano e al quinto centenario dell’Accademia degli Intronati di Siena, realizzato da Riccardo Manganelli. Dopo lo squillo delle chiarine di Palazzo e l’introduzione del Sindaco di Siena Nicoletta Fabio, è stato il funzionario archivista dell’Archivio di Stato di Siena, Giovanni Mazzini, a illustrare l’opera che andrà ad arricchire il museo della Contrada vincitrice della Carriera del 2 luglio. Quindi è stata la volta dello stesso artista Riccardo Manganelli. Il Cencio di Riccardo Manganelli presenta tre piani visivi. In primo piano, in basso, il cavallo visto di tre quarti circondato da mani: è rilassato, è nel momento in cui viene accarezzato e coccolato in Contrada o subito dopo l’assegnazione; del resto, la carezza a un cavallo è il gesto più naturale di un bambino quando vede l’animale nella stalla la prima volta. Nel piano intermedio è inserita la Madonna di Provenzano: è la nostra Regina velata e vestita d’oro e di bianco, incoronata da due amorini alati e i rituali stemmi, con sotto altri due amorini alati che portano in alto un pietra serena vissuta, con il simbolo dell’Accademia degli Intronati, a simboleggiare il peso della cultura sopra la città di Siena che appare nel terzo piano, quello più in lontananza, con una vista particolare quella dell’uscita da piazza. Il fondale è tutto velato, con una terra di Siena particolare, detta “satinobro”, proveniente dalla zona dell’Amiata, che ha una tonalità leggermente più gialla della terra di Siena naturale ed è un colore che richiama il “nostro tufo” dove tutto si svolge, dalla quello della piazza a quello del cielo. Gli stemmi delle Contrade che partecipano sono in alto, ai lati della Madonna; sono gli stemmi classici, ma tutto il bestiario è stato ristudiato dall’artista per l’occasione. “Un Palio senese nella forma, nei colori, nel senso più profondo – ha commentato Nicoletta Fabio, Sindaco di Siena – Un Cencio che parla di valori e di libertà, la libertà di conoscere e di crescere, rappresentata dalla pietra sorretta dai due amorini, quella pietra dove campeggia l’impresa dell’Accademia degli Intronati, protagonista all’epoca di un vivace clima intellettuale e ancora oggi sinonimo di sapere, patrimonio di conoscenze ed esperienze, cultura, teatro, letteratura, storia e civiltà senese, Accademia che quest’anno celebra il suo cinquecentenario. La scelta di dedicare il Drappellone a questa ricorrenza non è soltanto un riconoscimento dell’indubbio prestigio di una plurisecolare e fulgida istituzione, ma una sottolineatura dell’attitudine senese a perpetuare la tradizione, intesa come il racconto di un’identità comunitaria attraverso i tempi, l’esigenza di coltivare il locale oltre il globale, di tutelare le identità e le differenze a fianco del cosmopolitismo, di amare le radici per amare l’umanità. Abbiamo bisogno di esprimere liberamente le nostre predilezioni, i nostri legami e le nostre affinità: manifestare emozioni diverse, diverse reazioni a seconda del momento, ma stessa appartenenza e stesso attaccamento, stessa autenticità di passione, stesso perdurante affetto per le nostre bandiere, tutte. C’è tutto questo nel lavoro di Riccardo Manganelli, pensato e realizzato con passione, con orgoglio, sincerità e profonda dedizione. Le mani che esultano ed accolgono, il cavallo che si fa accarezzare, alle spalle Palazzo Pubblico che vigila, ma non domina, in alto la Madonna di Provenzano, lei sì che domina, investendo di sacralità e di tenerezza la Piazza e la città intera. Un riflesso sulle terre di Siena, sul tufo, sui colori della nostra città, che ci avvolge e ci culla. Di fronte a questi simboli così familiari, così immediatamente leggibili, quello che dobbiamo fare stasera è riconoscerci e ritrovarci soprattutto in questo momento. Sceglierci con i nostri pregi e i nostri limiti, nella consapevolezza che i tempi cambiano e che tutto muta tranne una verità: di fronte a questo cencio e a ciò che rappresenta, ci riconosciamo e siamo tutti tenacemente uguali, sempre gli stessi, senza distinzione o pregiudizio. E allora viviamo insieme questo Palio, giorno per giorno, al pieno dei nostri ritmi e della nostra unicità”. “Del Drappellone di Manganelli – ha spiegato Giovanni Mazzini, funzionario archivista dell’Archivio di Stato di Siena e storico – potrebbe sembrare persino superfluo parlare, tale è la sua forza espressiva, declinata però nelle forme di una grazia figurativa sorprendente. È un dipinto che parla da sé, che tocca il cuore ed emoziona ancor prima di saziare l’occhio con l’estetica, tanto è minuziosamente cesellato sulla seta. Dietro quest’opera c’è tutta la passione viscerale di Riccardo per la sua città e per il suo Palio: quella passione che ha messo nel delineare, con pennino e pennello, quasi come un miniatore medievale, gli stemmi civici e quelli delle dieci Contrade, il Palazzo Comunale e la Piazza, gli amorini, la Vergine di Provenzano. All’icona sacra di Provenzano fa da contraltare, alla base del Drappellone, l’eroe simbolo del Palio: è un cavallo talmente realistico che scatena l’impulso istintivo di accarezzargli il muso, come è davvero successo a chi vi parla. E come stanno facendo quelle mani che sono le mani di tutti noi, le mani di un popolo di diciassette rioni che non accetta lezioni da nessuno in tema di amore per questi superbi animali. Il cavallo di Manganelli è sornione, sembra accennare un sorriso: è colto nell’attimo dell’assegnazione, ancora senza coccarda o spennacchiera, ma con l’insondabile preveggenza degli esseri sensibili sa già che sarà lui a tornare vincitore. Solo una Contrada invece saprà, allo scoppio del mortaretto, quali erano le cose migliori che stavano nascoste”. “Per un senese che ha sempre vissuto la contrada da generazioni – ha aggiunto il pittore Riccardo Manganelli – realizzare il Palio è qualcosa che va al di là dell’emozione e del naturale orgoglio. Emergono delle sensazioni difficilmente esprimibili a parole, che ho provato a rendere con il pennello. La genesi di questo lavoro viene da lontano: parte da nonno Adige e mamma Giuliana che, da pittori quali erano, mi hanno insegnato prima a usare il pennello per dipingere che a leggere e scrivere, e continua attraverso mio babbo, Giuliano, da cui ho appreso i rudimenti dell’architettura e la profondità degli spazi prospettici. E nello stesso tempo, oltre ad acquisire la tecnica, da loro imparavo anche i valori e il rispetto che permeano le Contrade e il Palio. Tutto questo l’ho riversato nella seta, con i colori della nostra terra, dalle terre di Siena, dall’ocra alla terra d’ombra, perché sono i colori che porto dentro da sempre e con cui sono stato cresciuto. La Madonna di Provenzano, poi, ha per me un valore particolare e fortissimo: è la Madonna che non solo ferma le pallottole, ma punisce chi spara contro figure inermi. E per me questa icona ha un significato taumaturgico commovente e bellissimo. Il mito fondante, in questo caso, prende il sopravvento al fatto realmente accaduto e diventa una testimonianza di pace che dissolve ogni mostruosità”. Presenti al tavolo delle autorità durante la cerimonia anche l’artista che ha realizzato il Masgalano, Laura Brocchi, il direttore dell’Archivio di Stato Cinzia Cardinali, che ha illustrato lo stesso Masgalano, e Riccardo Ricci, in rappresentanza dell’Associazione Storica Palcaioli di Siena e dell’Associazione Palcaioli Senesi che hanno offerto l’opera 2025. —cronacawebinfo@adnkronos.com (Web Info)

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