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Oriana (Aspesi): ”Da inchiesta urbanistica Milano rischio impatto da 38 mld su pil e stallo drammatico”

(Adnkronos) – L’inchiesta giudiziaria sull’urbanistica che ha investito Milano rischia di minare profondamente la credibilità della città agli occhi degli investitori. I cantieri e le aziende sono fermi, 1625 famiglie sono senza una casa mentre la situazione mostra la fragilità sistemica nelle regole e nei rapporti tra pubblico e privato. Federico Filippo Oriana, presidente di Aspesi Unione Immobiliare, parla all'Adnkronos e lancia un appello deciso: senza chiarezza normativa e riforme rapide, la rigenerazione urbana rischia uno stallo drammatico e Milano potrebbe perdere il treno della crescita, tra capitali in fuga, alloggi che mancano e una reputazione internazionale sempre più a rischio.  
Che impatto avrà l’inchiesta in termini di reputazione della città e credibilità agli occhi degli investitori?
 Sicuramente molto pesante per un motivo fondamentale, quello della retroattività: le norme possono essere bianche o nere, tutto è suscettibile a variazione, ma il fatto che le carte in tavola possano essere cambiate crea un grosso scompenso. Sul nostro settore incidono urbanistica e fiscalità, ma le norme troppo spesso cambiano. Se mutano e impattano su investimenti già in corso e business plan già fatti, l’intero Paese ne perde in termini di credibilità agli occhi degli investitori. Tra i nostri associati è presente una multinazionale il cui cantiere è stato sequestrato. Il country manager per l’Italia si era adoperato a convincere il gruppo che non ci fossero problemi o rischi, che l’intervento fosse facile. Sei mesi dopo hanno sequestrato il cantiere. Ora questo gruppo ha deciso di andarsene dall’Italia. Questo costituisce un grosso fattore di rischio perché gli investitori hanno una memoria da elefante. L’operazione immobiliare porta con sé un rischio implicito: l’investimento viene fatto prima di iniziare le attività e quindi devi essere già sicuro di tutto. Le regole devono essere certe e chiare, oppure si incappa in un blocco totale delle attività in un mondo, come il nostro, che ha il proprio business nella valorizzazione degli immobili.  
Ritiene che la situazione possa rallentare ulteriormente i progetti di rigenerazione urbana in corso?
 La rigenerazione urbana si fonda sul recupero delle aree degradate. Se viene bloccato il meccanismo di demolizione-ricostruzione perché manca una procedura legale condivisa per farlo, il processo di rigenerazione si ferma. È necessario che la giustizia faccia il suo corso, ma la politica deve fare una seria riflessione. Se si fa come Sala, alla Ponzio Pilato, che ha detto ‘non sono d’accordo, ma mi adeguo’ allora si incorre in un blocco del meccanismo. Quindi, prima di tutto, sono necessarie certezze e velocità. La conclusione della vicenda che ha investito Milano, quando ci sarà, potrebbe avere come conseguenza un blocco dei processi di rigenerazione urbana anche nelle altre città. Sono interventi più costosi: la necessità è quella di non consumare ulteriore suolo, per questo motivo si intraprendono interventi di recupero con demolizione, bonifica e ricostruzione. Ma per portarli a termine servono norme veloci e certe, soprattutto veloci. Il territorio è la nostra principale risorsa, se manca il sostegno, i siti dismessi restano lì perché non tornano i conti. E cosa succederà agli investimenti, in particolare esteri? Che li perderemo. 
Pensa che queste vicende riflettano criticità sistemiche nelle procedure decisionali e nelle relazioni pubblico-privato in materia urbanistica?
 Assolutamente sì, manca la certezza del diritto. In Italia la procedura è incerta e questa incertezza è derivante da una normativa che viene cambiata a investimento in corso. E questo crea un problema nelle procedure pubblico-privato, non solo a Milano, ma in tutta Italia. È l’incubo di ogni investitore che teme che vengano cambiate le carte in tavola quando è già in ballo. La certezza del diritto, in particolare nel campo immobiliare che ha tempistiche più lunghe degli investimenti industriali, è condizione essenziale del rapporto pubblico-privato. Questa ambiguità distrugge le relazioni pubblico-private. 
Quali azioni ritiene prioritarie per garantire massima trasparenza nelle politiche di sviluppo urbano?
 Occorre una legge nazionale, le soluzioni comunali semplicemente non esistono più. Non c’è nulla che si possa fare a livello locale per una situazione così. Una legge divisa in due parti: una prima, immediata, di sanatoria per il problema delle famiglie e delle società, che vada a sanare quanto accaduto perché si è agito nel rispetto di quella che era la prassi normativa in vigore. Poi guardiamo al futuro, perché il futuro è un problema che deve essere affrontato. Sono più di dieci anni che chiediamo un riordino generale della normativa urbanistica, difficile avvenga nel giro di qualche mese o che avvenga negli ultimi due anni di legislatura. Nel frattempo, ci sono delle proposte di legge, una alla Camera dove Forza Italia ha presentato un disegno di legge per il riordino della normativa urbanistica ed edilizia, e una al Senato sul tema della rigenerazione urbana avanzata da Maurizio Gasparri. Inoltre, c’è anche una bozza di Testo Unico del Ministero delle Infrastrutture, a cui partecipiamo, per la realizzazione di una legge di riordino. In sede di nuova normativa urbanistica si potrà prevedere quello che mancava nella procedura precedente .  
Gli strumenti attualmente in vigore sono adeguati per prevenire episodi di questo genere?
 No, non lo sono. La normativa attuale non è adeguata, c’è troppo contrasto tra le norme precedenti e quelle successive. Un problema dato dalla eccedente produzione normativa che si è sedimentata negli anni. Auspico quindi che si passi a una nuova normativa: serve subito una legge di intervento emergenziale e un nuovo testo unico dell’urbanistica, che entri in vigore prima della fine di questa legislatura. 
Ritiene realistico uno stop cautelativo ai principali cantieri, come richiesto da alcune forze politiche, o sarebbe dannoso per l’economia milanese e per la reputazione internazionale della città?
 I cantieri sono già bloccati. Il costo è stimato a 5 miliardi di euro di investimenti fermi e un impatto sul pil di 38 miliardi in cinque anni. Un danno al Paese che costa quasi 3 punti di prodotto interno lordo. È una situazione disastrosa 
Famiglie senza casa e aziende in difficoltà, cosa auspica?
 Auspico una legge di ricomposizione. Siamo molto solidali con le famiglie, siamo vittime della medesima situazione e stiamo collaborando. Non hanno soldi e non hanno una casa, è umanamente e socialmente inaccettabile, una vera tragedia. E anche noi, come società immobiliari, ci riteniamo ingiustamente colpiti. Il Comune di Milano è venuto meno alle sue responsabilità, un anno e mezzo fa avrebbe potuto risolvere il problema. Che venga approvata una legge per sistemare la vicenda a favore unitamente di famiglie e società! Perché come possiamo dissequestrare i cantieri se manca un intervento legislativo? Da questo punto di vista serve una soluzione che permetta di terminare gli edifici in fase di costruzione e dia la speranza di poter riprendere l’attività a Milano. Non c’è il problema della cementificazione in questo, in città mancano 50mila alloggi e si costruisce infinitamente meno del fabbisogno (-256%). Questa idea della cementificazione è del tutto sbagliata: l’esigenza della rigenerazione urbana nasce, al contrario, proprio dalla volontà di non espandere la città ulteriormente in orizzontale determinando ‘sprawl’ urbano. Vogliamo, invece, crescere verticalmente. —finanzawebinfo@adnkronos.com (Web Info)

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