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Nel cuore di Roma 54 edicole a rischio chiusura, l’appello in Regione: “Salviamole”

(Adnkronos) – “Roma, una città che un tempo contava più di mille edicole, oggi ne vede sopravvivere appena la metà. È una perdita che non riguarda solo un settore strutturalmente in crisi, ma una parte del tessuto civile della città. Le edicole non sono semplici punti vendita: sono presìdi di democrazia quotidiana, luoghi in cui l’informazione prende corpo e diventa accessibile. A metterle in difficoltà è una combinazione di vincoli legislativi e amministrativi – dalla Bolkestein, al Codice della Strada, alla tutela paesistica – che non distinguono più tra chi vende merci e chi distribuisce conoscenza. Questo è l’errore politico e culturale che dobbiamo correggere". Così all'Adnkronos Claudio Marotta, capogruppo regionale di Sinistra Civica Ecologista e presidente della Commissione Vigilanza sul pluralismo dell'informazione alla Regione Lazio. La crisi delle edicole romane è stato di recente oggetto di una audizione alla Pisana, cui hanno partecipato anche le associazioni di categoria. E' emerso che sono 54 i punti vendita di giornali a rischio chiusura solo nel centro storico di Roma. “Abbiamo ascoltato con attenzione le associazioni di categoria nella Commissione congiunta tra Vigilanza sul pluralismo dell’informazione e Attività produttive – spiega Marotta – È un primo passo, ma non basta ascoltare: serve agire. Stiamo approfondendo con l’Ufficio legislativo del Consiglio regionale per verificare gli effetti normativi del Capo Quinto del Testo Unico del Commercio. Roma Capitale è già parte di questo percorso ed ha già prodotto atti che vanno in questa direzione, perché difendere le edicole significa difendere la libertà di informare e di essere informati, un diritto che appartiene a ogni cittadino". Un tema che merita l'attenzione anche del Governo, "perché la questione non riguarda un mercato, ma un pilastro della democrazia liberale – sottolinea Marotta – Il commercio della stampa non può essere assimilato a quello delle merci indistinte per una molteplicità di aspetti: non solo per la specificità merceologica, ma anche ad esempio per i prezzi ad essa imposti. Ogni copia venduta in un’edicola è un frammento di democrazia diffusa. Dalle regioni si può alimentare un confronto con il governo su questo punto: la diffusione stampa va riconosciuta come servizio pubblico (basti ricordare l’obbligo di aprire le edicole ai tempi del Covid), non come attività commerciale indifferenziata. È il presupposto per salvaguardare il pluralismo e impedire che l’informazione diventi privilegio di pochi".  Marotta ricorda poi il caso di Rieti. "Lì abbiamo evitato di raggiungere il primato di una provincia priva di distribuzione della stampa, grazie a un intervento emergenziale della Regione. Ma mettere ‘una toppa’ non può diventare la nostra politica. Ora che l’emergenza è alle spalle, serve una misura strutturale, capace di garantire equità e trasparenza, evitando concentrazioni e monopoli nella distribuzione. Penso a modelli virtuosi, ad esempio quello toscano, con bandi pubblici e risorse dedicate per portare la stampa anche nelle aree interne, dove il diritto a essere informati è oggi più fragile. Perché una democrazia che rinuncia alla diffusione dell’informazione è una democrazia che smette di respirare".  Presente all'incontro alla Pisana Enrico Iannelli, segretario provinciale di Sinagi (Sindacato Nazionale Giornalai d’Italia). "Solo nel centro storico di Roma sono circa 26 le edicole che rischiano di sparire perché non compatibili con la nuova normativa, mentre una quindicina sono regolarizzabili. Bisogna tuttavia fare i conti anche con la periferia della città. Complessivamente sono oltre 100 i punti vendita dei giornali romani sottoposti a valutazione, che in assenza di soluzioni potrebbero essere chiusi – evidenzia all'Adnkronos – Nell'ultima riunione, mesi fa, con l'assessore capitolino Monica Lucarelli, siamo stati messi al corrente di una rivisitazione delle regole in base all'articolo 21 del Codice della Strada per salvaguardare l'attività dei chioschi edicole, ma da quell'incontro il Comune non ci ha fatto più sapere niente. Avrebbero dovuto riconvocare le associazioni di categoria dopo aver approfondito la questione, a quanto pare il nuovo regolamento è ancora in alto mare".  "D'altronde spostare i chioschi nel centro storico non è cosa semplice – osserva Iannelli – Partiamo da lontano: c'è stato un piano ad inizio anni 2000 in conseguenza del quale tutte le edicole, con il consenso del Comune, sono state posizionate nei siti attuali; i giornalai all'epoca spesero ciascuno 80.000 euro per seguire le indicazioni date dall'Amministrazione capitolina. Oggi ci ritroviamo punto e a capo. La verità è una sola: la volontà di mettere a bando le edicole in funzione della Bolkestein, ma la vendita dei quotidiani non c'entra niente con il commercio, i giornalai vendono un prodotto con un prezzo e una percentuale imposti, quindi di cosa stiamo parlando? Quello che chiediamo, quindi, è di tenere le edicole fuori dalla direttiva Bolkestein e di tutelare così la filiera dell'informazione. Ci auguriamo che il Comune batta un colpo prima possibile". 
—cronacawebinfo@adnkronos.com (Web Info)

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