(Adnkronos) – Un artista che pregava prima di ogni pennellata. Un frate capace di trasformare la luce in devozione. Un genio che, secoli dopo, torna a parlare con una potenza mai sopita. A Firenze, cuore pulsante del Rinascimento, si compie un piccolo miracolo: la più grande retrospettiva mai dedicata a Beato Angelico, pittore del fondo oro capace di unire il tardo gotico con il primo Umanesimo, ricompone opere smembrate, affreschi riscoperti e pale d'altare smontate da più di due secoli. È la prima volta – e forse l'ultima – che tanti capolavori si ritrovano sotto lo stesso cielo. Dal 26 settembre al 25 gennaio 2026 Palazzo Strozzi e il Museo di San Marco ospitano "Beato Angelico", un'esposizione senza precedenti che riunisce oltre 140 opere provenienti da musei, collezioni private e chiese di tutta Europa e degli Stati Uniti. L'obiettivo? "Restituire al pubblico non solo la grandezza artistica del frate domenicano, ma anche la sua profonda umanità", ha spiegato Arturo Galansino, direttore della Fondazione Palazzo Strozzi, promotore della doppia mostra. Dipinti, disegni, miniature e sculture provengono da prestigiosi musei quali il Louvre di Parigi, la Gemäldegalerie di Berlino, il Metropolitan Museum of Art di New York, la National Gallery di Washington, i Musei Vaticani, la Alte Pinakothek di Monaco, il Rijksmuseum di Amsterdam, oltre a biblioteche e collezioni italiane e internazionali, chiese e istituzioni territoriali, per un totale di 78 prestatori. "Beato Angelico" rappresenta la prima grande mostra a Firenze dedicata all'artista esattamente dopo settant'anni dalla monografica del 1955 andando a creare un dialogo unico tra istituzioni e territorio. Tra i vertici della mostra, spicca la quasi miracolosa ricomposizione dell'Altare di San Marco, realizzato nel 1443. Il pannello centrale, rimasto sempre nel convento fiorentino, si ricongiunge ora a 17 delle 18 tavole originali, disperse nel tempo tra re bavaresi, collezionisti americani e musei d'Oltralpe. La ricostruzione dell'opera, con l'aiuto di analisi scientifiche avanzate e modelli digitali 3D, offre un'immagine il più fedele possibile al capolavoro originario, la cui cornice lignea è andata perduta da tempo. "Beato Angelico non ha sempre ricevuto l'attenzione che merita" spiega Carl Brandon Strehlke, curatore con Stefano Casciu e Angelo Tartuferi della mostra e massimo studioso del pittore. "Quest'esposizione vuole restituirgli il posto che gli spetta tra i giganti del Rinascimento". L'evento ha dato impulso a una vera campagna di salvataggio dell'arte: ben 28 opere sono state restaurate per l'occasione. Tra queste, il Trittico Francescano di Santa Croce, le cui tavole laterali – dimenticate nei depositi fiorentini per decenni – sono state affidate all'Opificio delle Pietre Dure. "Stavamo aspettando un miracolo, e questo miracolo è arrivato", ha commentato Stefano Casciu, direttore regionale Musei nazionali della Toscana e co-curatore della mostra. In mostra anche la Deposizione Strozzi, con il drammatico "Compianto sul Cristo morto", iniziato da Lorenzo Monaco e completato da Fra Angelico. Alcuni restauri sono stati possibili grazie al supporto di fondazioni private, come Friends of Florence e Gucci, che ha finanziato il recupero del trittico francescano. Se Palazzo Strozzi è il cuore spettacolare dell'esposizione, il Museo di San Marco è la sua anima. Tra il 1438 e il 1445, Beato Angelico affrescò le celle e i corridoi del convento con scene della vita di Cristo e dei santi, concepite per la meditazione dei frati. Ancora oggi, queste immagini conservano una forza spirituale tangibile. "C'è un'intimità totale nelle sue scene", spiega Angelo Tartuferi, già direttore del museo e ora tra i curatori della mostra. "Non sono solo affreschi: sono spazi di silenzio e contemplazione". Ultimo tra gli interventi, il restauro dello struggente "San Domenico in adorazione del Crocifisso", affresco che accoglie i visitatori nel chiostro del convento di San Marco. Un'opera che sembra parlare ancora oggi con la stessa voce limpida e mistica di allora. La mostra affronta la produzione, lo sviluppo e l'influenza dell'arte di Beato Angelico e i suoi rapporti con pittori come Lorenzo Monaco, Masaccio, Filippo Lippi, ma anche scultori quali Lorenzo Ghiberti, Michelozzo e Luca della Robbia. Celebre per un linguaggio che, partendo dall'eredità tardogotica, utilizza i principi della nascente arte rinascimentale, Beato Angelico (Guido di Piero, poi Fra Giovanni da Fiesole; Vicchio di Mugello, 1395 circa – Roma, 1455) ha creato dipinti famosi per la maestria nella prospettiva, nell'uso della luce e nel rapporto tra figure e spazio. La mostra offre una occasione unica per esplorare la straordinaria visione artistica del frate pittore in relazione a un profondo senso religioso, fondato su una meditazione del sacro in connessione con l'umano. Dietro l'aura di santità, c'è un artista straordinariamente moderno. Beato Angelico – beatificato nel 1982 e proclamato patrono degli artisti due anni dopo – non era solo "il pittore che pregava", ma un innovatore del colore, della luce e dello spazio. Un uomo del suo tempo, capace però di guardare oltre. Come scriveva Giorgio Vasari: "Mi stupisco ogni volta di come un solo uomo abbia potuto eseguire tutto ciò con tale perfezione". (di Paolo Martini) —[email protected] (Web Info)